L’intervento della psicologia nella malattia di Parkinson è guidata da alcuni principi teorici di base.
Il primo di questi principi fa riferimento al rapporto di interdipendenza tra il corpo e la mente quale costante relazione e comunicazione esistente nell'essere umano in quanto gli permette di esprimere con globalita’ed unita' la sua personalita'.
L’attendibilita’ del primo principio relativo al legame di interdipendenza tra corpo e mente nell’essere umano, è data dal fatto che i processi di simbolizzazione, di memorizzazione e di costruzione degli schemi mentali, le capacita’ intellettivo-cognitive, riferiti a se stessi e agli elementi dell’ambiente di appartenenza, le capacita’ di autonomia ( dambulare, nutrirsi, parlare, lavorare, giocare, scrivere ecc.) si vanno a costruire sulla base della progressiva maturazione neuromuscolare e degli organi di senso.
Ed è attraverso l’esercizio di queste capacita’ di autonomia e di comunicazione che l’uomo-bambino inizia a strutturare l’immagine mentale di se stesso come soggetto distinto dagli altri ma in relazione e in comunicazione con cio’ che lo circonda mediante l’uso di codici astratti comuni dovuti alla complessita’ della sua struttura cerebrale.
Nel corso di questo processo di maturazione, l’uomo-adulto giunge cosi’ ad attribuire senso alla sua vita perche’ esercitando tali capacita’ acquisisce ruoli e la stima di se’ sulla base delle competenze esercitate nel contesto sociale.
L’invecchiamento, quale fase esistenziale naturale ma che si caratterizza per il progressivo rallentamento delle funzioni cerebrali, delle abilita’ di autonomia, dei processi di astrazione e di memorizzazione, della funzionalita’ degli organi e degli apparati del corpo, porta l’uomo ad un cambiamento nei ruoli e nelle competenze sociali.
La malattia di Parkinson con le sue caratteristiche manifestazioni rientra in questa fase della vita: i malati di Parkinson oggi sono in aumento e tra questi ci sono casi di giovani adulti.
In questi casi l’invecchiamento è precoce ed in diacronia con la naturale tappa evolutiva di un adulto che potrebbe esercitare ancora ruoli attivi nella societa’.
In tutti si interrompe pero’ l’armonia tra il corpo e la mente, un equilibrio precedentemente consolidato che attribuisce stabilita’ all’immagine di se’, alla vita sociale. familiare, interpersonale.
Cosi’, se dal punto di vista somatico nel vissuto del malato di Parkinson si trovano stanchezza e sofferenza fisica, tremori, movimenti strani ed incontrollabili, blocchi muscolari, disarmonia nella postura, difficolta’ nel parlae ecc., dal punto di vista psicologico nel malato e nei familiari la vita si riempe di angoscie, di paure, di incertezze, di rabbia, di depressione, di intensi conflitti interni e relazionali dovuti anche alla imprevedibilita’ con cui i sintomi si manifestano.
Il secondo principio prende in considerazione il complesso significato affettivo, emotivo, cognitivo e sociale che assume il corpo dell’individuo nell’iter della sua crescita, sia riferito al modo di percepire se stesso e sia nel contatto con il mondo esterno.
Possiamo dire che il secondo aspetto che guida la consulenza sia legato al precedente nel fatto che l’uomo possiede una evoluta e complessa struttura cerebrale che gli permette investire il suo corpo di tonalita’ emotive ed affettive.
Inizialmente l’esistenza dell’uomo e’ legata ad un vissuto di sensazioni derivanti dal corpo, le quali permettono di esprimere la richiesta di soddisfazione dei bisogni primari necessari per vivere, consentono di esercitare le prime esperienze per conoscere se stessi e il mondo esterno e orientano l’acquisizione di una identita’ personale sulla quale costruisce la stima di se’.
Nel corso del suo processo di crescita, integrando lo sviluppo corporeo con quello mentale e psicologico, le sensazioni si trasformano in emozioni e in sentimenti verso se stessi, l’ambiente umano e fisico.
E poiche’ il corpo rappresenta il primo canale attraverso il quale tutti noi impariamo ad esprimere le emozioni e i sentimenti, nel corso della nostra crescita apprendiamo anche a gestire, controllare il dolore, la sofferenza soprattutto mediante il blocco della respirazione, le tensioni muscolari, una scorretta postura, oppure mediante conflitti interni e pensieri negativi.
Certamente il dolore vissuto in questo modo fa perdere all’individuo il potere di mettersi in contatto con il proprio corpo e quindi con se stesso.
La maggiore gravita’ nella malattia di Parkinson, infatti, è costituita dal fatto che l’individuo perde il contatto con il proprio corpo e con esso si determina l’impossibilita’ di gestire le sue parti in modo intenzionale e mirato. A sua volta la perdita graduale di questo contatto pone l’individuo in stato permanente di angoscia e di allarme.
Nella malattia di Parkinson l’uso del corpo, dalla diagnosi al suo prosieguo, diventa progressivamente incerto, difficilmente gestibile anche nella vita quotidiana, sofferente e stanco; alti livelli di tensione e una permanente ambivalenza negli stati d’animo nonche’ un alternarsi di continue emozioni pongono in crisi la stima e l’identita’ personali, mettono in discussione la stabilita’ della relazione affettiva e il ruolo nei confronti dei figli, del partner, degli amici, dei colleghi di lavoro e di chi in genere comunica con il malato di Parkinson.
In genere il malato di Parkinson e i suoi familiari provano vergogna in particolare per la strana gestualita’ e per un corpo difficile da gestire con intenzionalita’; si preferisce nascondersi attraverso l’isolamento, il non fare piu’ nulla limitando il piu’ possibile le relazioni con l’esterno; si cerca la dipendenza dall’altro, a volte si si odia e si ama con difficolta’, si spera di guarire ma si ha anche voglia di morire.
In questo contesto il malato di parkinson aspetta con angoscia le manifestazioni del suo corpo tipiche della fase di “Off” e gestisce in modo inefficente la gestualita’, il movimento ecc. della fase di “On” in cui l’interesse per la vita si puo’ certamente esprimere.
Gli stati di “Off” in cui la sofferenza e le parti del corpo non si possono gestire con intenzionalita’ e gli stati di “On” rappresentano per il soggetto e i suoi familiari la parte “malata” e la parte “sana”. Entrambe coesistono in tutti i malati di parkinson anche se esse vengono vissute in modo personale e soggettivo come lo sono le reazioni ai farmaci e le manifestazioni della malattia.
Tuttavia dal momento della diagnosi al proseguo della malattia il soggetto vive tratti antagonisti di personalita’: la dipendenza con il desiderio dell’autonomia, l’aggressivita’ con la passivita’, l’azione con l’immobilita’, la stima con la disistima di se’, l’amore e la vicinanza con l’odio e la lontanananza dalla realta’.
Il terzo, piu’ legato alla malattia di Parkinson, porta a distinguere la "malattia" dal "male”.
La prima cioe’ la malattia consiste in un complesso di sintomi e di danni fisici o psichici riscontrabili dal medico; il male, invece, rappresenta l'espressione soggettiva vissuta dal paziente a causa delle infermita' che vengono a determinarsi con le manifestazioni della malattia. (A. Kleinman, medico dell’universita’ di Washington)
Dopo quanto esposto posso affermare che gli obiettivi della consulenza psicologica in questo ambito sono in specifico due:
Cosi’, se la consulenza psicologica nella malattia di parkinson deve prendere atto della struttura di personalita’ dell’individuo portatore della malattia e dai tratti antagonisti di personalita’ che si alternano in genere in tutti i soggetti insieme alle manifestazioni della malattia stessa, essa in specifico si pone i seguenti obiettivi:
Dott.ssa Maria Zampiron
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa - Ponte San Nicolò (PD) e Roma
Dott.ssa Maria Zampiron
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa a Ponte San Nicolò (PD) e Roma
Ordine degli Psicologi della Regione Lazio n. 4206 dal 20/12/1993
Laurea in Psicoterapia comportamentale-cognitiva
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