Ambiti d'intervento

Famiglia e bigenitorialità

(...)Il compito dei genitori è essenzialmente il privilegio (ed in verità si dovrebbe considerare un privilegio divino) di permettere ad un'"anima di entrare in contatto col mondo al fine di evolversi" - F. Bach

Crescere con amore: chi sono IO, chi è l’altro in famiglia

Per propria natura l’essere umano  è  il  “soggetto sociale”  e “capace” per eccellenza.

Capace in quanto sa pensare, fantasticare, ricordare , parlare, scrivere, svolge complesse attività lavorative e di simbolizzazione, abilità queste che si vanno costruendo sulla base della progressiva maturazione  neuromuscolare e degli organi di senso.

Ed è attraverso l’esercizio di queste capacità di autonomia e di comunicazione che l’uomo sin da bambino  inizia a strutturare l’immagine mentale di se stesso, come soggetto distinto dagli altri, ma in relazione e in comunicazione attiva con ciò che lo circonda mediante l’uso di codici astratti comuni dovuti alla complessità della sua struttura cerebrale.

Globalmente tre sono le fasi particolarmente importanti per la crescita affettiva, cognitiva e sociale dell’ uomo.

Queste tre fasi sono genericamente chiamate prima infanzia, seconda infanzia e terza infanzia.

La prima infanzia riguarda la nascita sino ai 2 anni dove la  personalità del neonato è costituita da un insieme di bisogni che esigono soddisfazione piena ed immediata.

Il bambino è in contatto con la realtà esterna solo per quanto riguarda la soddisfazione dei suoi bisogni  primari di accudimento.

La prima vera relazione con l’ambiente circostante avviene verso i 3 mesi circa quando compare il primo “sorriso psicologico” rivolto ad un oggetto in movimento e al  volto.

In tal modo si verifica la prima vera relazione con l’ambiente circostante insieme ad  uno stato di soddisfazione e benessere interno.

Il primo vero riconoscimento della realtà esterna si evidenzia invece intorno agli 8 mesi: il bambino mostra una “reazione di angoscia” di fronte a una figura che non sia quella materna, dimostrando così di avere stabilito un rapporto affettivo con un “oggetto” del mondo esterno.

Dopo il primo anno il bambino comincia a sviluppare l’autonomia motoria, inizia a muoversi ed a esplorare l’ambiente circostante, traendo piacere da attività competitive con i coetanei, l’ambiente esterno e gli oggetti ad esso appartenenti.
A quest’età il bambino comincia anche a sviluppare l’attività verbale e si nota nel suo linguaggio  la predominanza del “no” prima ancora del “sì”, una modalità che serve al bambino ad iniziare a comprendere le limitazioni poste dagli adulti.
Sempre in questo periodo il bambino inizia a controllare e ad  educare le funzioni intestinali, impegnandosi psicologicamente in un rapporto di scambio con l’ambiente.
Inoltre, la relativa autonomia motoria permette al bambino stesso di soddisfare la curiosità e le tendenze esplorative;  l’atteggiamento dell’adulto al riguardo è decisivo ai fini dello sviluppo cognitivo e psicologico

Sotto questo aspetto, i comportamenti eccessivi di limitazione, interdizione o colpevolizzazione possono contribuire ad accentuare nel bambino tratti di inibizione e di autocontrollo esagerati.

Nel corso della seconda infanzia, dai 2 ai 5 anni, il bambino si pone  i temi  delle  differenze tra i sessi e il  meccanismo della nascita dei bambini.

L’ipotesi iniziale che il bambino fa è quella di un’uguaglianza tra i sessi in cui, le differenze di genere sono rappresentate per lui da fattori esterni quali ad esempio l’abbigliamento e la pettinatura.
Inoltre il bambino è convinto che esiste solamente l’organo maschile e, quando scopre l’esistenza di quello femminile, giunge alla conclusione che “benché ora sia assente, prima c’era e la bambina lo ha perduto”.

Verso i 3 anni si inizia ad assistere ad un importante evento psichico nella vita del bambino: il complesso edipico, ricco di sentimenti amorosi ed ostili contrastanti nei confronti della coppia genitoriale.
Il genere maschile entra  in competizione affettiva col padre e, il genere femminile,  con la madre sino ad identificarsi con il genitore dello stesso sesso.

Nel corso della terza infanzia che va dai 5 agli 11 anni, il bambino è preso da interessi intellettuali e ludici, si aggrega ai compagni, è impegnato nello sforzo di assimilare le norme e le caratteristiche ambientali, nasce il disinteresse per gli individui del sesso opposto, è portato ad accogliere in modo  ”conformistico” le regole sociali, desidera,  cerca di piacere ed andare d’accordo un po’ con tutti. Le persone vengono percepite in funzione della situazione concreta: essi sono buoni o cattivi in relazione alle condotte che il ragazzino può ritenere più o meno funzionali ai fini che si propone.

Chi è, allora, l’essere umano da bambino? E quali sono le modalità attraverso le quali il bambino può essere guidato ad esprimere le personali potenzialità?

Primariamente è colui che, per crescere nelle proprie abilità cognitive e sociali necessarie a diventare autonomo, ha bisogno del sostegno e della guida dell’adulto

Egli utilizza con naturalezza il gioco, l’espressione grafica e il movimento del corpo per esprimere il suo mondo interiore, frutto delle esperienze che egli vive nella relazione con se stesso, con l’ambiente umano e fisico che lo circonda.

Il suo e’, tra l’altro, un mondo interiore ricco di curiosità, creatività e bisogni da soddisfare, un mondo pieno di desideri di amare e di essere amato; in esso vi è tanta energia positiva da coltivare perché il bambino diventi un uomo, una donna, un cittadino in grado di stimarsi, di curarsi, un individuo che si sente soddisfatto delle relazioni e della comunicazione con l’ambiente che lo circonda.

È verso il 10° anno che il bambino comincia a diventare “ragazzo”, entrando nel mondo della preadolescenza, una fase di crescita particolarmente delicata dove le caratteristiche umane, la socio affettività, il vissuto del corpo, le competenze relazionali e cognitive non sono ancora ben definite e strutturate ma è quando l’essere umano inizia ad acquisire un’identità di sé più stabile nelle diverse situazioni. Ciò lo conduce a rapporti sociali più reali e proficui , orientandolo  all’adolescenza e alla pubertà.

L’adolescenza è definita  come un periodo di transizione in cui il soggetto si lascia alle spalle l’età infantile e si proietta nel mondo degli adulti.

Questo passaggio non è quasi mai lineare e si può ritenere soggettivo in relazione anche alle caratteristiche del  contesto sociale di vita.

Il periodo considerato và dai 12 anni ai 18 anni ed è caratterizzato da una bassa autostima, dalla tensione fra identità e dispersione di identità, dalle numerose contraddizioni, dall’instabilità emotiva, dall’eccitazione, dallo scarso riconoscimento di se stessi, dall’imprudenza e dai comportamenti a rischio.

I ragazzi adolescenti devono fare i conti con il corpo in trasformazione,  con la ricerca della loro identità, con la spiegazione del senso della vita e la proiezione nel futuro da uomo socialmente adulto.

Già nel 1952, Havighurst  parla degli adolescenti come coloro ai quali è richiesto di “superare compiti di sviluppo” e, nel caso in cui tali compiti siano portati a termine in modo costruttivo e positivo, questo conduce ad una condizione di benessere, all’aumento dell’autostima, allo sviluppo armonioso con il contesto di vita ed infine pone le basi per il successo del superamento dei compiti di sviluppo delle fasi successive”.

E i compiti di sviluppo riferiti all’età adolescenziale riguardano la sfera personale (le emozioni, i sentimenti, il corpo, il cognitivo) e quella socio-istituzionale ( le responsabilità, i compiti, i ruoli ).

Indubbiamente, l’adulto è il risultato del bambino e dell’adolescente.

Il bambino, l’adolescente e l’adulto sono persone “capaci” all’interno di un “sistema aperto” dove interagiscono insieme aspetti spirituali, corporei, morali, cognitivi, emotivi, affettivi, simbolici e sociali, particolarità che differenziano e distinguono l’essere umano dalle altre specie viventi.

Tuttavia il “sistema aperto uomo” è anche attivamente predisposto al confronto con il suo ambiente esterno.

E, poiché la persona umana,  è un soggetto “sociale”, esso è naturalmente proiettato  più che ogni altra specie umana a stare in “insieme agli altri, nel gruppo”: inizialmente in famiglia, nel contesto dei pari e nelle attività ludiche,  poi nella relazione di coppia e nell’ attività lavorativa insieme alle iniziative di gruppo di natura politica e sociale più ampie.

Bigenitorialità

La famiglia  si costituisce come gruppo di primaria importanza per il benessere e/o il malessere dell’essere umano in quanto  “sistema iniziale” di interazioni, di vissuti affettivi, cognitivi individuali e di espressioni di ruoli, di comportamenti e di stili relazionali.

All’interno di questo sistema i comportamenti del singolo sono vissuti ed espressi come risposta   ai comportamenti e ai gesti degli altri membri familiari. E poiché ogni comportamento è comunicazione semantica, la famiglia diviene un sistema  con “circuiti a rotazione circolare” dove, ciascun elemento o sottosistema,  influenza e viene influenzato dagli altri in modo reciproco.

La famiglia  è anche  un sistema “aperto” in quanto necessita di interagire oggi  con gli altri sistemi sociali presenti nella collettività; è un sistema interattivo nel presente ma con  una sua propria storia che proviene dal passato quale  eredità ricevuta dalle figure parentali.

La psicologia transgenerazionale, o psicogenealogia  presenta l’uomo come “l’essere vivente” dotato di potenzialità e risorse che non riguardano solamente la  sfera biologica e genetica, ereditate nella cura di se stesso e del gruppo di appartenenza.

Di fatto, una caratteristica importante dell’essere umano è che, nella sua esistenza del presente egli porta con se  il bagaglio dei propri padri, dei propri nonni e i di tutte quelle persone che lo hanno preceduto nel passato, nello spazio e nel tempo.

La psicologia transgenerazionale, o psicogenealogia sostieneche i nostri avi agiscano in noi e che mettere in luce gli eventi del passato familiare possa liberarci dalle “costrizioni” ereditate.

Nel libro "La sindrome degli antenati" l’autrice, Anne Ancielin Schutzenberger, sostiene la trasmissione psichica transgenerazionale dei vissuti dell’essere umano: l’inconscio dell’individuo nasconde relazioni che vincolano i soggetti ai loro antenati mentre la parte consapevole è la causa di alcuni sintomi e sofferenze emozionali.

Attraverso numerosissimi esempi clinici la Schutzenberger spiega come le persone abbiano acquisito paure all'apparenza irrazionali, difficoltà psicologiche e persino fisiche.

Principalmente,  le trasmissioni transgenerazionali sarebbero di fatto legate ai segreti, a delle cose nascoste e proibite, ad eventi taciuti.

Il lavoro di ricerca della Schutzenberger dimostra che  le persone sono anelli concentrici, prigioniere in una catena di generazioni che impedisce loro di potere scegliere secondo la propria libertà personale perché legati ad eventi e a traumi già vissuti dagli antenati.

Sono tali esperienze esistenziali negative non pensate  né tanto meno elaborate e risolte, a trasmettersi  “geneticamente” di generazione in generazione attraverso un “pensiero muto” che condiziona in modo invalidante la vita della persona nel presente.

A tal proposito la ricercatrice,  il  cui lavoro è essenzialmente mirato alla psicogenealogia, alla comunicazione non verbale e ai legami familiari, afferma :"Se imparassimo a comprendere meglio ad ascoltare e vedere le ripetizioni e le coincidenze l'esistenza di ciascuno diventerebbe più chiara ... siamo in fondo meno liberi di quanto crediamo.

Il disagio, il malessere, la sofferenza dei membri all’interno del gruppo famiglia possono essere causati da fattori esterni: il lutto o la grave malattia del partner, dei figli. Anche il comportamento antisociale di un membro della famiglia quale l’uso di droghe ecc. rappresentano esperienze “traumatiche” che pongono in crisi la chiarezza  delle relazioni, l’equilibrio nella comunicazioni, l’esercizio dei ruoli espressi precedentemente all’interno del gruppo stesso.

Questi si possono considerare motivi di tipo esplicito.

Invece, il disaccordo, i continui litigi, il disagio, il malessere all’interno della coppia o tra genitori e figli, i problemi legati alla sessualità tra i partner, la nascita di un figlio, la perdita del lavoro, la presenza dell’handicap ecc. possiedono in sé dinamiche interpersonali dei singoli non sempre chiaramente esplicitate  ma che compromettono la stabilità e l’equilibrio dell’armonia all’interno del gruppo principalmente  “famiglia” nel quale il singolo soggetto uomo necessita di soddisfare non solo i bisogni primari ma anche e soprattutto l’espressione dei propri aspetti psicologici, emozionali e nel complesso interpersonali come scrisse  nel 1954 lo psicologo statunitense Abraham Maslow  nel libro  dal titolo Motivation and Personality.

In questo testo, l’autore  indica l’entità e la gerarchia dei bisogni fondamentali, i quali se soddisfatti, gli permettono di vivere in modo soddisfacente, sano e sereno con se stesso e il contesto umano e fisico di appartenenza.

La gerarchia dei bisogni di Maslow  è suddivisa in cinque differenti livelli: il primo livello corrisponde alle necessità di tipo fisiologico/organico, come il mangiare, il bere, il vestirsi, ……

Il secondo è relativo alla sicurezza come il bisogno di un rifugio, di tranquillità e di pace...

Al terzo livello si trovano i bisogni relativi all'appartenenza di cui fanno parte come il desiderio di avere amicizie, di far parte di un gruppo, di amare ed essere amati...

Il quarto livello si caratterizza nella stima di sé come il bisogno di avere un'immagine positiva di sé stessi ed in generale di apprezzarsi e di essere apprezzati dagli altri.

Nel quinto e ultimo livello si trovano i bisogni relativi alla realizzazione di sé stessi tra cui rientrano desideri quali l'aspirazione a mettere in opera le proprie capacità ed esprimere la propria creatività.

I bisogni così suddivisi in cinque categorie sono gerarchici in quanto il desiderio di soddisfare quelli della categoria successiva emerge quando quelli della categoria precedente sono già stati soddisfatti: man mano che l'uomo soddisfa ognuno di questi bisogni, si fa vivo un bisogno di ordine superiore e, il raggiungimento della soddisfazione, è il raggiungimento dell'obiettivo.

Ciò che spinge l'uomo a soddisfare la piramide gerarchica dei bisogni, dal basso verso l’alto, è proprio la motivazione ad agire per ottenere, nel corso delle fasi di crescita, il  benessere.

Per Maslow i bisogni di natura superiore quali lo stare nel gruppo, la stima e l’immagine positiva di se stesso, essere apprezzato e la realizzazione di sé, sono fondamentali quanto quelli primari come il mangiare, il bere, vestirsi e tutto ciò che concerne la sicurezza e l’integrità personali.

E se, Maslow ci parla delle necessità da soddisfare  per l’uomo, William Reich  afferma che “L’amore e la conoscenza sono le fonti della nostra vita. Esse dovrebbero anche dirigerla”.

Reich fu  il primo a formulare una teoria coerente del carattere individuando l’unità biopsichica dell’uomo ed integrando la psicoanalisi con la medicina.

All’interno di questo contesto egli afferma che, le difese del carattere  costruiscono delle barriere contro tutte le emozioni classificate pericolose per l’integrità emotiva ed affettiva dell’individuo.

Tali difese vengono chiamate “corazze caratteriali”.

Dal punto di vista psichico, sono le corazze caratteriali che fanno soffrire la persona in quanto impediscono la libera espressione delle emozioni e dei sentimenti.

Secondo la Bioenergetica il controllo delle emozioni e dei sentimenti hanno origine nella prima infanzia mediante l’accumulo di tensioni delle parti del corpo ad opera delle emozioni e dei sentimenti  inespressi nella relazione e nella comunicazione con le figure parentali.

Infatti con le  esperienze cliniche Reich dimostrò che, ogni volta che una corazza muscolare veniva sciolta, affioravano le remote cause psicologiche: “Quindi, allentando gli atteggiamenti caratteriali cronici, riusciamo ad ottenere reazioni del sistema nervoso vegetativo. La penetrazione nel campo vegetativo è tanto più completa ed efficace quanto più meticolosamente trattiamo nello stesso tempo non solo gli atteggiamenti caratteriali, ma anche gli atteggiamenti muscolari corrispondenti. In tal modo una parte del lavoro si sposta dal campo psichico e caratteriale alla immediata scomposizione della armatura muscolare.”  

Di fatto, Reich, sostiene che l’uomo “nasce felice” e che poi diventa “infelice” per colpa della società  dove, in particolare,  si sofferma sulla famiglia quale microsistema primario della società.

Mentre Reich teorizza il rapporto corpo e mente introducendo il concetto di “identità funzionale psicosomaticaaffermando che gli atteggiamenti muscolari o caratteriali dell’ingranaggio psichico hanno la stessa funzione, si possono influenzare reciprocamente e sostituirsi l’un con l’altro.

Alexander Lowen, approfondisce gli studi e la prassi terapeutica del suo maestro definendo in forma teorica e pratica la Bioenergetica.

Oggi la Bioenergetica quale approccio psicologico che tratta l’espressione analogica del corpo viene utilizzata non solo nell’ambito dei percorsi terapeutici del singolo ma anche e soprattutto come conoscenza e consapevolezza di  se stessi nella relazione e nella comunicazione  con il mondo esterno: nell’ambiente del lavoro, nella relazione amicale e nel tempo libero, in famiglia, nella sessualità, nel rapporto di coppia, nella comunicazione tra genitori e figli nonché in tutti quegli ambiti educativo-formativi che intendono operare sull’apprendimento strumentale e sociale  dei bambini e dei giovani.   

Quindi, la Bioenergetica con le proprie modalità di intervento, diventa una prassi quotidiana che dà voce alla verbalizzazione delle esperienze psichiche, interpersonali e sociali dell’essere umano sostenendo che la psiche e il soma sono inseparabili ed identici nella loro funzione in quanto le emozioni, il carattere e gli atteggiamenti muscolari costituiscono un insieme unitario perché non esiste un’emozione che non possegga degli aspetti somatici: il ritmo della respirazione e il battito cardiaco, apertura e chiusura dei capillari con conseguente sensazione di caldo e freddo, dilatazione o restringimento delle pupille, contrazione o rilassamento degli sfinteri, fenomeni ormonali come il rilascio di adrenalina con l’aggressività ecc. ecc.

Quindi, sulla base di questi “approcci” ed altri non esplicitamente menzionati ma implicitamente in essi contenuti, l’essere umano è “intimamente consapevole” della propria complessa realtà esistenziale  che gli permette anche di gioire e di amare.

Indubbiamente, per l’uomo, la gioia di vivere diviene tale nel momento in cui egli impara ad “amare” se stesso e l’altro nel corso delle sue fasi di  crescita, apprende a rispettare le proprie naturali esigenze ed ad esprimerle in un contesto di interazioni che si chiama inizialmente “famiglia” per poi espanderle all’esterno nei gruppi sociali di appartenenza da persona matura e responsabile dove le difficoltà esistenziali vengono affrontate e superate dalle risorse dettate dall’Amore verso se stesso e il mondo esterno.

Dott.ssa Maria Zampiron
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa - Ponte San Nicolò (PD) e Roma


Mi occupo di

  • Psicoterapia del paziente adulto
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Dott.ssa Maria Zampiron
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa a Ponte San Nicolò (PD) e Roma

Ordine degli Psicologi della Regione Lazio n. 4206 dal 20/12/1993
Laurea in Psicoterapia comportamentale-cognitiva

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